In memoria del partigiano Elia Somenzi

Classe 1928, mi tocco’ la spalla quel 2 marzo del 2009 al funerale del Comandante Paolo Farinetti delle” Matteotti” di Alba, portavo al collo i colori della Resistenza Spagnola, il fazzoletto rosso e nero della CNT, delle milizie aragonesi e catalane dei  Rosselli e di Berneri, e lui ha riconosciuto quei colori, lui sapeva . Da quel momento non ci lasciammo piu’, aveva  conosciuto il fascismo nella sua forma piu’ logica e coerente , quello di Salo’, quello della selezione del genere umano. Slavi, zingari ed ebrei dal settembre 1943 fino ai primi giorni di maggio del 1945 dovevano essere schedati, concentrati in campi  e deportati. Dovevano essere sterminati. Figlio di Ermanno, responsabile della qualità delle Filande della Lombardia, che aveva a disposizione camion per il trasporto dei prodotti di filanda, dei rotoli di seta lavorati, come dei sacchi degli scarti, forse Elia a 16 anni non capiva quell’ordine di suo padre di aspettare i camion nei pressi di Ponte Tresa , al confine varesino con la Svizzera, vedeva uscire dai cassoni interni 3 , 4 al massimo 5 persone nascoste li’ sotto, tre almeno dovevano essere bambini, minuti come lui o anche più piccoli. Doveva accompagnarli alla frontiera con la Svizzera, il nonno a suo tempo gli aveva fatto conoscere i seniteri dei contrabbandieri, i vecchi tragitti e bunker della grande guerra, ma stavolta non era un gioco.  Il Tresa ad un certo punto si allargava, potevi bagnarti i piedi, i bimbi si bagnavano le ganbette, ma ce la facevi, Di la’ la Svizzera. Fino alla primavera del 1944 Elia obbediva a suo padre, che era d’accordo con quel parroco dell’Isola di Milano, don Eugenio Bussa, oggi riconosciuto Giusto tra le Nazioni.
Finito quel lavoro, entro’ nella Resistenza dell’Alto Milanese, nelle formazioni di Alfredo Di Dio, Brigata Treviglio dove viveva. Aveva portato con sé quegli anarchici arrestati con lui a Milano e coi quali era riuscito a fuggire grazie ad alcuni carabinieri non venduti ai fascisti. Si fidava di pochi, Diceva che una formazione troppo ampia avrebbe certamente avuto delle spie ed agivano come deve agire una Resistenza , con la tecnica dell’azione diretta e del ritiro immediato. Aveva motivi per combattere, motivi umani, di rivendicazione umana, profondamente umani perché aveva visto coi suoi occhi umanità   destinata allo sterminio ed umanità uccisa solo perché ebrea, come quella Sara di soli 13 anni, quante Sara  aveva da rivendicare Elia. A 16 anni avrebbe voluto far fuori tutti i servi che per 5.000 lire vendevano l’anima ed il vicino di casa solo perché ebreo.
Elia aveva visto la Liberazione come speranza, come  svolta finalmente radicale dalle schifezze del fascismo e del nazismo. Oggi si sentiva responsabile della testimonianza, doveva testimoniare non solo della Resistenza, ma anche di quanti corpi erano rimasti tra le ceneri di Auschwitz, di Mauthausen, di Buchenwald, dai massacri di Marzabotto e S.Anna di Stazzema, perché ci sono i fascisti che aspettano la morte dei testimoni per dire che quello che e’ successo non e’ successo. E se perdiamo questa memoria siamo condannati a rivivere quella storia.
Elia aveva sviluppato un antifascismo intransigente, etico,  coerente , egli non poteva perdonare, perché chi poteva perdonare i carnefici era già morto e nessuno puo’ perdonare a nome di un altro e nessuno puo’ perdonare se nemmeno il perdono e’ richiesto, e nessuno puo’ perdonare senza che sia detta la Verità su un massacro. Nel 2012 aveva rilasciato una intervista pubblicata sulla rivista “NUNATAK” che noi anarchici  pubblichiamo a Cuneo da anni e si era abbonato al settimanale anarchico Umanità Nova , proprio in nome di questo antifascismo intransigente e non disponibile  al revisionismo storico.
Era felice e nello stesso tempo preoccupato di incontrare i giovani delle scuole, di parlare pubblicamente , di raccontare. Ha girato la provincia di Cuneo incontrando scuole di ogni grado, portando solidarietà a quegli antifascisti accusati di antifascismo per essersi opposti all’apertura di una sede neonazista a Cuneo, Citta’ Medaglia d’Oro per la Lotta di Liberazione, ai cittadini No Tav della Val Susa. Ha lavorato con la scuola Vida  di Alba ad un video sulla Shoah, dopo aver visto un video della stessa scuola sulla Shoah dei bambini ed ancora stava preparando due interventi . Uno sulla filiera del baco da Seta , ricordando il lavoro di suo padre , ed uno sulla memoria per il prossimo 27 gennaio sul tema Il Ricordo di Sara.  Centinaia sono stati i contatti, le corrispondenze, le telefonate, le interviste, i ricordi.   Ci siamo sentiti per i 90 anni di Sacco e Vanzetti , gli dissi che ero in giro per questo e  lui era in casa per preparare il lavoro con la Scuola Vida , contento che erano venuti studenti a prospettargli nuovi appuntamenti. E nello stesso momento era preoccupato per lo stesso importante motivo della sua contentezza.
Cosi’ Elia rimane. Pace a te Elia, che la terra ti sia lieve  mio amico e compagno.
antonio lombardo

 

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